mercoledì 18 dicembre 2013

Il secolo delle rivoluzioni e dei “sepolti vivi”

(libero adattamento di un intervento di Erri De Luca)

Il secolo ventesimo è stato quello delle rivoluzioni, la prima in Russia nel 1905, le ultime nell’Europa orientale dopo il collasso del patto di Varsavia. Con le rivoluzioni sono stati rovesciati (non sostituiti o avvicendati) governi, rapporti di forza e di oppressione, emancipando immense masse umane del novecento, dall’Asia alle Americhe. Ci sono stati morti, tanti morti, come è naturale che sia in ogni sconvolgimento sociale e politico nella sua fase più acuta. E’ andata così nel mio tempo, quando ero un militante rivoluzionario nell’Italia e nella Svizzera degli anni ‘70, non per estro di gioventù ma in obbedienza all’ordine del giorno del mondo. Capiterà di nuovo, ne sono certo, per la semplice ragione che all’uomo più che la storia interessa il guadagno e la supremazia sul suo simile, fattore questo che porta inevitabilmente a sconvolgimenti violenti dell’ordine costituito.
Sono ancora in vita gli ultimi rivoluzionari del 1900. Alcuni sono diventati capi di stato e di governo, per loro si suonano gli inni nazionali. Altri restano dietro sbarre, in esili senza fine, o in precaria libertà dopo decenni di detenzione nelle carceri speciali che equivalgono a decenni di tortura. Queste ultime vite andrebbero protette, perché sono la reliquia politica del secolo delle rivoluzioni e perché sono una parte della storia infinita del movimento antagonista.
Parimenti andrebbero protetti quelli che stanno per essere estradati da un paese all’altro (cioè da una prigione all’altra) e rispediti al giorno uno di pena, alla casella di partenza, colpevoli secondo il diritto dominante di reati politici di trenta e più anni fa (otto olimpiadi!). Questo non è solo triste, è antico, obsoleto. Ribadisce che il ventesimo secolo è ancora in corso, alla faccia del miope che l’ha intravisto breve o del bischero che aveva preannunciato la fine della storia. Se si vuole prendere congedo dal secolo delle rivoluzioni, occorre lasciare gli spiccioli di vita di questi antagonisti al loro cammino, togliendoli dal sottile martirio delle ultime porte chiuse a chiave.
Una democrazia matura, come si autodefinisce quella del nostro continente, dovrebbe avere la misura e la saggezza politica per correggere le distorsioni e stabilire, in completa autonomia, il tempo di chiudere e quello di aprire. Le vite di questi militanti vanno protette non per clemenza ma per evidenza di tempi scaduti, per diritto politico di chiudere il registro di classe del 1900, per smetterla una buona volta di suddividere i rivoluzionari in vincitori da accogliere con cerimonia ufficiale, e vinti da estradare. Questo non perché sono anziani, l’età non è un’attenuante. Attenua, sì, molte cose, ma non la responsabilità di aver tentato l’assalto al “quartier generale” al tempo ritenuto necessario.
Se si desidera, come sembra di capire, dichiarare prescritto il secolo delle rivoluzioni, se non altro per igiene fisica e mentale, si consegni questi vecchi militanti (i nomi sono inutili perché uno vale l’altro) all’archivio politico e non alla cronaca giudiziaria.

E’ una buona occasione per rimettere la politica al posto che le compete. Le polizie devono attenersi a mandati di cattura anche abbondantemente scaduti, le democrazie decenti no, se vogliono evitare il precipizio che le muta in repubbliche delle banane.

venerdì 6 dicembre 2013

Stalin discorso

Ancora sul caso Snowden

America über alles!


La notizia:

Il Washington Post ha pubblicato mercoledì 4.12.2013 nuove informazioni sui dati messi a disposizione da Edward Snowden. Citando documenti interni della NSA (National Security Agency) il giornale rivela che l'agenzia statunitense intercetta i dati di geolocalizzazione di centinaia di milioni di telefoni cellulari in tutto il mondo. La raccolta di tali dati avviene per mezzo di un collegamento ai cavi che connettono le varie reti mobili, con lo scopo di rintracciare i movimenti delle persone e le loro eventuali azioni nascoste mediante potenti algoritmi matematici. L'agenzia ha memorizzato finora informazioni su centinaia di milioni di telefonate e registrato cinque miliardi di dati al giorno, per un volume totale di 27 terabytes.

Prima considerazione:

Dal 1952, con ordine esecutivo presidenziale, la NSA è preposta al controllo del traffico telefonico americano e ha a disposizione un numero imprecisato di satelliti puntati sul territorio nazionale. Nata molto discretamente, e occupandosi di servizi di sicurezza e d’intelligence, è stata più volte ironicamente chiamata No Such Agency, ovvero l'agenzia che non esiste. Negli ultimi anni però si è “globalizzata” con l’intento di scovare possibili minacce anche fuori dai confini americani. Il signor Snowden, l'ex contractor della Nsa che ha scelto di denunciare l'enorme apparato in stile Grande Fratello dell'agenzia, si è beccato del “terrorista” dagli ambienti vicini alla Casa Bianca, così come nei paesi alleati si tenta di fare con alcuni giornalisti di autorevoli testate (il londinese Guardian è il caso più recente) che hanno diffuso il materiale filtrato per mano dell’ex analista NSA. Snowden è un pentito che, un bel giorno, ha deciso di saltare il fosso; ma chi è rimasto al proprio posto cos’è? Un combattente, con tanto di mandato istituzionale, per la libertà di espressione e la democrazia?

Seconda considerazione:

Fra la truppa con il salame a stelle e strisce sugli occhi ci sarà certamente qualche “creativo” che sosterrà l’oggettivo pericolo che incombe sugli USA da parte di spezzoni militarizzati dell’Islam radicale. Bene, lo stesso identico pretesto è accampato dai miliziani di Allah per portare la “guerra santa” in territori non loro. Con una differenza sostanziale e inconfutabile: chi è andato per primo a rompere le scatole a casa di altri?

Terza considerazione:


Alla luce di quanto (e non solo) il signor Snowden ha spiattellato, non sarebbe l’ora di piantarla (almeno per igiene mentale) con la barzelletta degli “stati canaglia”, la cui lista è periodicamente aggiustata secondo le necessità e i prudori dello zio Sam? Lo dico per salvaguardare la storia del popolo americano che non merita i governanti che si è dato (ma qui ci sarebbe da spendere più pagine per dire come si vota negli USA), non per fare propaganda alla Repubblica Popolare Democratica di Corea, meglio conosciuta come Corea del Nord.

domenica 24 novembre 2013


Iniziativa 1:12 contro le retribuzioni eccessive dei super manager.

Alcune considerazioni*

Pochi giorni fa Filippo Rivola, esponente del movimento giovanile socialista, aveva risposto così alla domanda di un giornalista italiano: "Com'è la situazione in Svizzera riguardo al rapporto fra stipendi minimi e massimi nelle aziende?"

Oggi la quasi totalità delle aziende svizzere rientrano nello scarto 1:12. Solo lo 0,5% supera questo limite, ma si tratta comunque d'aziende importanti. Per esempio le aziende parastatali come La Posta (1:17) o Swisscom (1:35) superano di poco questo scarto. Ci sono poi aziende importanti come Lindt&Sprungli (che produce cioccolato - 1:76)) o Schindler (ascensori – 1:121), per arrivare fino alle multinazionali come Nestlé, Novartis o UBS. Brady Dougan, il CEO di Credit Suisse arriva a 1:191, Severin Schwan di Roche a 1:261, Orcel di UBS a 1:194. Il tutto mentre in Svizzera il 25% della popolazione non riesce a pagare le fatture per tempo e ci sono più di 400.000 lavoratori poveri. Certo, bisogna relativizzare rispetto ai problemi economici che state vivendo in Italia. Però non è accettabile nemmeno in Svizzera vedere il potere d'acquisto delle classi più povere che si erode anno dopo anno, mentre le retribuzioni dei manager esplodono sempre di più.

Risultato della votazione federale del 24.11.2013: Zero cantoni a favore dell'iniziativa.

Metà degli aventi diritto si è recata alle urne, quindi poco più della metà della metà ha avuto la meglio sul tema in consultazione. Tradotto: ancora una volta i super ricchi hanno fatto passare le loro farneticazioni. 
Bene: da domani il primo dei salariati "normali" che sento piagnucolare sullo stipendio e tutto ciò che gli ruota attorno lo prendo a pedate nel culo, con o senza testimoni oculari e di qualsiasi grado.


*Nota: 1:12 rappresenta il rapporto fra lo stipendio minimo e quello massimo consentito.

giovedì 21 novembre 2013

Da Ticinolibero, Tribuna libera del 19 novembre 2013

Sangue, qualche spunto per le "anime belle".

Lo dico prima della trasmissione di stasera, così magari le “anime belle” preposte ad intervenire potranno avvalersi di uno spunto un po’ più stimolante. L’orrore nel film è L’Aquila, città squarciata, morta, dove le rovine, i lavori abbandonati e la schegge di pietra mai mosse dal terremoto del 6 aprile 2009, sembrano simboleggiare la fine di un paese e della sua insopportabile classe dirigente. I signorini che stasera si gireranno bellamente sulle poltrone dello studio di Comano dovrebbero interrogarsi su questo fatto, certamente più stringente delle rievocazioni di un ex rivoluzionario. Ma non lo faranno perché non si parla delle malefatte degli amici degli amici, del terrorismo di Stato e dell’economia finanziaria che colpisce e ammazza tutti i giorni. Senzani ha ucciso in prima persona un presunto innocente, mister Obama uccide, per interposta persona, quasi quotidianamente con i suoi droni, donne, vecchi e bambini presunti innocenti, i Ceo della grande finanza portano al suicidio molti dei loro ex collaboratori nella più tranquilla normalità. Questo è l’orrore, non un’opera introspettiva, girata col telefonino e con telecamera leggerissima da 300 euro.
Carlo Curti

martedì 12 novembre 2013

Dopo il congresso dei comunisti della svizzera italiana

Scintille, fuochi di paglia e cose già viste


I giovanotti del Partito Comunista Ticinese hanno tenuto il loro 22° congresso al Liceo cantonale di Bellinzona. Chi c’è stato racconta di partecipazione numerosa (ed è una buona notizia), relazioni, dibattito e conferma del segretario (ed è la solita notizia), indicazioni strategiche per l’immediato futuro e per un maggior radicamento sul territorio con tiratina d’orecchi alla loro destra (socialdemocratici) e alla loro sinistra. Ecco la cattiva notizia.
Il Segretario vuole un partito comunista “normale” che, senza liquidare storia e identità rivoluzionaria, “sappia dare soluzioni ai problemi concreti della popolazione”. Toh! Questa l’ho già sentita. Per i partiti storici, Lega, Verdi e le nano-sigle accampate nel panorama politico ticinese, è la frase magica e ridondante da scandire con enfasi a ogni tornata elettorale. Poi, “passata la festa” (votazioni), “gabbato lo santo” (il popolo o se preferite, pantalone).
Ahi, ahi! Cari figlioli, così si marcia sul posto; vi siete già dimenticati della fine fatta da quelli che quarant’anni fa dicevano, con simile piglio e ditino ammonitore, le stesse cose e paventavano gli stessi pericoli? L’impegno profuso a spegnere le scintille non ha impedito i fuochi di paglia ma il falò che, con il vento giusto, poteva attecchire nella prateria. Volete lavorare per una politica “realista”? Allora rifugiatevi nel PS che, con i chiari di luna di questi tempi, non vede l’ora di abbracciarvi; ma se avete a cuore un futuro più dignitoso per quelli che devono lavorare per vivere e, sempre più spesso, non ci riescono nemmeno, allora dovreste dare più importanza ai sogni, ai programmi futuristici, alle imprese ragionevolmente impossibili. Solo con queste si riscaldano gli animi e si riaccendono le speranze di chi non ha mai avuto niente oltre la propria capacità operativa.

Altrimenti vi posso già dire come sarete fra vent’anni; anzi no! Fatevelo dire dai vari Martinelli, Kraehenbhuel, Rossi e compagnia bella; sapranno raccontarvelo con cognizione di causa e dovizia di particolari.

lunedì 28 ottobre 2013

Anniversari


Grenada: trent’anni dall’invasione USA; ottobre 1983/2013
Maurice Rupert Bishop si avvicinò alla politica da giovanissimo, entrando in contatto con i Black Panthers e con le idee di leader afroamericani come Malcolm X e Kwame Nkrumah.
Nel 1979 Bishop guida una vera e propria rivoluzione di stampo socialista nel suo paese, la minuscola isola caraibica di Grenada, ispirandosi alla Rivoluzione Cubana di Fidel Castro di cui poi diventerà amico fraterno.
Diventato capo del Governo Popolare Rivoluzionario di Grenada, Bishop venne incontro a tutte le esigenze di un popolo ridotto alla fame e alla miseria da decenni di sottosviluppo e sfruttamento. Espropriò le multinazionali straniere, nazionalizzò tutte le ricchezze del paese e, con l’aiuto di Cuba sradicò l’analfabetismo istituendo la scuola dell’obbligo e garantendo sanità e cure gratuite per tutti.
Mentre stava procedendo alla modernizzazione delle strutture del paese con la costruzione di case, scuole, ospedali, aeroporti; gli Stati Uniti di Ronald Reagan dapprima fomentarono un tradimento ai suoi danni, finanziando un colpo di stato, ma l’arresto di Maurice Bishop durò solo poche ore perché il popolo si mobilitò immediatamente e circa 30.000 persone assaltarono il carcere in cui era detenuto liberandolo.
A quel punto gli Stati Uniti ruppero gli indugi (nel giardino di casa un’altra Cuba è intollerabile) e decisero di intervenire direttamente con l’invasione dell’isola. Grenada fu martoriata per diverse settimane dalle truppe USA, sorprese da una durissima e inaspettata resistenza dell’esercito popolare, subito affiancato dai 1.000 operai cubani in armi che erano lì per costruire l’aeroporto internazionale dell’isola. Solo dopo aver ulteriormente aumentato di migliaia di unità il contingente militare e dopo incessanti bombardamenti aerei e via mare, gli Stati Uniti riuscirono a piegare la resistenza. Maurice Bishop e tutti i ministri deposti sono arrestati e fucilati. A Grenada ritorna il Capitalismo di rapina, la fame, la miseria e l’analfabetismo.

Questi, in poche righe, gli avvenimenti che probabilmente non interesseranno più di tanto gli indaffarati cittadini del primo mondo. Grenada? Boh! Cos’è? Un’isola? Scusa ma devo fare la ricarica del mio Samsung Galaxy.

martedì 15 ottobre 2013

Cantone Ticino: Asilanti e milioni in esubero

Chi guadagna sugli asilanti?


Non certo la popolazione ticinese, già presa per il collo dall’occupazione sempre più ballerina, premi e costi di Cassa Malati “all’americana”, proventi dalle assicurazioni sociali in continua discesa. Qualcuno però quei soldini (milioni!) li ha ricevuti; dico ricevuti non presi, anche se, con il vento che tira, non dobbiamo stupirci di nulla. Già, milioni mica spiccioli, per la precisione sette milioni e duecentotrentasettemila franchi. Tale è la differenza tra le spese complessive sostenute dal Cantone per l’aiuto d’urgenza ai NEM e i rimborsi avuti da Berna tra il 2008 e il 2012. Se questi sono “gli schiaffi presi dai balivi” come spesso urlano i soliti noti, mi metto in fila anch’io perché non sguazzo certo nell’abbondanza. Soldi della Confederazione che il Ticino ha risparmiato nell’opera di aiuto di urgenza ai disgraziati che tentano di garantirsi una vita decente. Le norme di applicazione dell’aiuto d’urgenza variano da cantone a cantone e ognuno lo interpreta a modo suo, dentro i limiti costituzionali che prevedono l’obbligo di garantire un tetto, il vitto e la copertura medica in caso di bisogno. Bene, nel confronto con gli altri cantoni, il Ticino figura tra i più restrittivi (dire economici sarebbe un eufemismo); da qui la domandina facile, facile: Cosa si è fatto con quei “risparmi”? Sono stati resi alla Confederazione? Sono andati nel calderone dei sussidi alle Casse Malati, alle infinite organizzazioni umanitarie e al Tavolino Magico del frate più conosciuto della Svizzera italiana?

No? E allora? Si spera in una risposta sensata e intelligente.

sabato 5 ottobre 2013

Il comandante Giap se n'è andato.

I popoli in lotta perdono un prezioso alleato, tutti gli imperialisti del globo un irriducibile antagonista.
102 anni dedicati alla costruzione del suo paese, sempre a fianco degli umili e di chi non teme di dare la vita per mantenere la propria dignità.
Luisa ha scritto:"Là dove passa una capra, può passare un uomo e dove passa un uomo può passare un esercito" addio Giap,Napoleone d'Asia".
Gabrio del CSOA il Molino:"Non sono un mito: il solo mito è il popolo. E io sono un suo figlio". Ciao Comandante.

Tutti quelli che ancora insistono ad inseguire il sogno di una società a misura d'uomo: "Buon viaggio, Comandante!"

Carlo, Lugano, 5 ottobre 2013

venerdì 4 ottobre 2013

Italia:Dopo la fiducia al governo Letta

Nelle 13 pagine di tripudio in cui “il Sole 24 ore” ricorda al governo Letta gli impegni da rispettare  per evitare che la Repubblica delle Banane, per i parassiti delle classi superiori, s’inceppi, c’è la riconferma di come padroni e speculatori di ogni risma, tengono al governo Letta come regolatore dei propri affari.

Il gioco parlamentare cambia i burattini, non i burattinai. 
Considerato che i burattini sono eletti dal popolo, o lo si convince che cambiare "conviene" o si mira direttamente ai burattinai. 
Sbaglio?

mercoledì 25 settembre 2013

DDR: Si stava meglio quando si stava peggio?


Il prossimo 3 ottobre sarà il 23° anniversario della riunificazione tedesca e certamente a Berlino non ci saranno adunate oceaniche per ricordare l’evento. Anche nel 1991 la folla convenuta in città per festeggiare il primo anniversario della Germania unita non era raggiante. Un cartello in mezzo a un folto gruppo di giovani denunciava: “Ich habe meine Heimat verloren und nicht viedergefunden!” Ho perso la mia patria e non ne ho travata un’altra! Chissà dove saranno quei giovani oggi; saranno riusciti a fare quanto prima era loro burocraticamente impedito, si saranno realizzati professionalmente o tireranno avanti con lavori precari tra un collocamento e l’altro? Il dubbio è quanto mai lecito nonostante la Germania continui ad essere la locomotiva d’Europa con tassi di disoccupazione contenuti. Lo dicono le statistiche ufficiali, quelle che, ormai lo sanno quasi tutti, sono come i bikini; fanno vedere molto ma nascondono l’essenziale.
Già, l’essenziale che è invisibile agli occhi. Quelli della ex DDR sono stati cancellati dalla memoria del paese e usati per anni, dentro i confini nazionali, come poi tutta l’Europa ha fatto con gli extracomunitari; forza lavoro a basso costo e per di più ad alto valore aggiunto. La grande Germania ha potuto continuare ad essere tale facendo leva proprio sui cugini dell’est; in silenzio perché dei meriti dei perdenti non è conveniente parlare. Poi ci sarebbero i milioni di tedeschi caduti in miseria per svariati motivi legati proprio al repentino cambio di regime. Cito parte di una lettera indirizzata all’ex cancelliere Kohl da Detlev Dalk, capogruppo al Bundestag del “Neues Forum”, proprio il movimento DDR che dette il via alle manifestazioni di piazza che accelerarono la caduta del muro. Dice più o meno così:” Nella DDR ci sono centinaia di migliaia di persone che sono riuscite ad acquistare una vecchia casa senza essere funzionari del regime né spie della STASI. L’hanno fatto lavorando sodo e risparmiando ogni marco. Ora, in base ad un diktat della Germania Federale, i vecchi proprietari( e i loro eredi) a quaranta anni di distanza da quando è stata loro espropriata , possono farsi restituire la casa e ottenere l’affitto arretrato da chi le ha abitate…” Non si conosce la risposta di Kohl ma la fine che fece Dalk: suicidio, alla maniera dei bonzi vietnamiti, come estrema protesta per una legge infame che ha ignorato tutti i buoni propositi di riconciliazione a pari dignità tra le due vecchie repubbliche.
Non sono pochi quelli che continuano a tenere duro, a non rinnegare una parte importante del proprio passato; testimoni di una storia finita ma non inutile. Come il signor Siegfried Rataizik, capo della prigione Hoehenschoenhausen della STASI dal 1951 al 1990, che liquida come chiacchiere l’accusa che lui e i suoi uomini punissero i dissidenti con gli stessi metodi usati dai nazisti. Così un giorno, quando ormai la prigione era diventata un memoriale,si è confuso fra le visite guidate assieme ad altri ex compagni del Ministero e a gran voce hanno accusato di calunnia le guide che raccontavano dei brutali atti compiuti negli scantinati del penitenziario ai tempi della DDR. “Qui non si è mai torturato nessuno, si seguivano soltanto le direttive ufficiali del Governo, non abbiamo fatto niente di male e quello che viene raccontato sono solo menzogne”. Da quella volta ha il divieto di entrare nella struttura. Con i suoi ex compagni di lavoro ha anche pubblicato un libro di memorie “La stanza degli orrori del dottor Knabe”, dal nome dell’attuale direttore del museo. Racconta di aver trovato lettere d’insulti nella buca delle lettere e delle visite di ex detenuti al suo domicilio. Ha conservato le prime e fatto entrare i secondi per dare le sue spiegazioni. Tuttora gli capita di viaggiare per tenere conferenze, anche all’Ovest, a 82 anni suonati e con la moglie disabile per un ictus. Percepisce una rendita di 800 euro al mese, ma di soldi non vuole parlare. Preferisce dire della soddisfazione che prova quando osserva da vicino il capitalismo reale, la crisi delle banche, del lavoro, i guadagni sulla pelle dei malati e conclude: “Quelli che allora reclamavano la libertà di viaggiare e che hanno mandato a picco la DDR, adesso non hanno neppure i soldi per andare a lavorare all’estero”. Non voleva vivere nel capitalismo e adesso lo fa perché è costretto. Anche per questo forse il concetto di “libertà” non gli fa venire in mente niente di positivo. Lo stesso vale per quello di “democrazia”. Siegfried Rataizik è attivo nell’associazione “Società di sostegno giuridico e umanitario” che in una nota informativa si è indignata del fatto che nella Germania riunificata si permetta alla direzione di un museo di vietare l’ingresso ad ex dipendenti per impedire la diffusione d’informazioni sulla carcerazione preventiva non in linea con la versione dominante.

Scherzi della Storia: Dopo circa un quarto di secolo i federali si beccano le stesse accuse che una volta toccavano ai burocrati del socialismo reale tedesco.

venerdì 6 settembre 2013

Quando i politici vanno in pensione...

...lasciano sempre (oltre al ricordo) qualcosa ai cittadini. È successo anche a Lugano in occasione della "ritirata" del suo maxi-sindaco che, da ottimo partigiano dell'innovazione tecnologica, ha voluto presenziare all'inaugurazione delle nuove colonnine salva-pedoni. Da oggi chi vuole attraversare la strada non deve fare altro che premere un pulsante per far emettere dalla citata colonnina un fascio di luce Led intermittente e un suono per ciechi e ipovedenti. Tutti bravi; progettisti, costruttori e installatori, oltre al super sindaco naturalmente. Non sarà più necessario, per il pedone, dialogare con l'automobilista con i gesti della mano.
Modalità vetusta e quindi da abrogare; soprattutto perché non costava nulla!

giovedì 5 settembre 2013

A proposito della "democrazia"

Non è mai troppo tardi…


Alla fine ci sono arrivati anche i tipi della Regione Ticino, solo che non potevano certo dirlo in prima persona e allora hanno dato “la seconda” dell’edizione di mercoledì 4 settembre allo storico Luciano Canfora, in questi giorni a Lugano per conferenze e incontri, per affermare l’indicibile: La democrazia è un castello vuoto, un inghippo architettato dai mercanti planetari per far fesso il popolino convinto di avere in mano le redini del paese attraverso i cento volti del suffragio universale. È una buona notizia, indubbiamente, nonostante il ritardo da “fuori tempo massimo”.
Ma cosa dice nell’intervista l’esimio professore che non risulta abbia un passato alla Senzani o militanze giovanili nell’ultra sinistra extraparlamentare, anche se, nel lontano 1999, qualcuno ricorderà una sua candidatura alle elezioni europee per i “Comunisti italiani” che, come tutti immaginano, sono cosa diversa dai “comunisti combattenti”? Vediamo:
“ La democrazia è un gioco, un’invenzione, nel senso che nessuno è pienamente libero, il voto non è mai fuori da condizionamenti che sono come l’aria che si respira. Paesi come la Svizzera, dove la percentuale di votanti è in generale molto bassa, dimostrano la diffusa consapevolezza dell’inutilità di quel gioco”.
I confederati sono ancora un popolo d’inquilini ma a ogni votazione per dare più diritti alla categoria stravincono sempre i proprietari degli immobili e dei terreni. Stessa sorte sul tema delle casse malati; ogni anno tutti, ma proprio tutti, s’indignano per lo sconsiderato aumento dei premi ma alla prova dei fatti la spunta sempre la lobby delle Casse Malati e della farmaceutica. Qualcuno si è chiesto perché? La nostra è una classe politica “di milizia”che, democraticamente, s’impegna a fare gli interessi degli elettori fino al momento di mettere il sedere sulla poltroncina parlamentare, poi “ciao Pepp”: Tutti per uno (dei poteri forti) e ognuno per conto suo. Altro esempio pratico: Chi ha votato, nella commissione parlamentare, contro il rimborso dei premi pagati in eccesso da alcuni Cantoni? I rappresentanti socialdemocratici che sostengono la politica sanitaria dei loro governi regionali, dove i premi sono più bassi, e che, a Berna, ovviamente non se la sentono di sputare sul piatto in cui mangiano.
Ma torniamo al professor Canfora: “Un gioco, la democrazia, inutile ma preziosissimo e indispensabile: Guai alle élites che non fanno (o sanno) fare quel gioco… Putin non aspetta passivamente di diventare presidente, fa sfogare i russi con il voto, come fanno gli americani, gli italiani, gli inglesi… I parlamentari eletti non contano nulla, contano altre forze (FMI, BCE…) dalle quali i governanti prendono ordini. Dirlo chiaramente dà fastidio ed è bene non dirlo, così si continua a pensare di detenere la sovranità”.
In sintesi si potrebbe concludere:
-Solo i capitalisti sanno fare bene il loro mestiere, anestetizzando i cittadini con i loro persuasori occulti per convincerli che vivono nel migliore dei mondi possibili. I portabandiera di tutti gli altri schieramenti sono complementari a questa strategia, subalterni e in qualche caso inutili (superfluo fare nomi noti a tutti).
-I comunisti non esistono (almeno nel primo mondo e nel migliore dei casi dal 1956) e quando ci sono, rappresentano la parodia di se stessi. Questo fino al giorno in cui non confonderanno più il “superamento del capitalismo” con un radicale cambiamento dello stato presente delle cose.

Ma credo che con il personale politico in attività, questo sia pretendere troppo.

domenica 25 agosto 2013

Tanto per non parlare a vanvera... 


"Quella storia è finita da tempo e in questo senso è giusto parlare di un fallimento. Ma per un giudizio storico si deve cercar di capire quello che è successo, le cause e il contesto. Vero, i brigatisti militanti, e ciò vale per ogni esperienza guerrigliera, erano un numero esiguo, ma dentro un contesto di relazioni sociali e politiche più ampio, per questo l’area in cui si potevano muovere e che si legava alle lotte operaie e proletarie e anche al vissuto e al dibattito sulla Resistenza, era assai più estesa e articolata della loro consistenza".

Giovanni Senzani, Agosto 2013

giovedì 22 agosto 2013

L'Italia che resiste

Tanto per capire da che parte sono sempre stato e da che parte va il popolo italiano, quello che ha costruito il paese. Il contributo non è recentissimo ma dalla sua redazione la situazione generale non è che sia migliorata, quindi…buona lettura.

 

Ce li mangeremo vivi.


"Ce li mangeremo vivi. Venga questa crisi, bussi, le sarà aperto, non aspettiamo altro. Se necessario butteremo giù il portone. E' già successo nel '43 e succederà ancora e in meglio. Non abbiamo più nulla da perdere, ma ci siamo abituati. Noi. Loro con la puzza sotto il naso non sanno cos'è la vera crisi. Loro devono averne paura. Noi che non abbiamo studiato alla Bocconi, non siamo entrati nello studio di papà o di mammà, non abbiamo leccato il culo per fare carriera in un partito o in ufficio statale. Nessuno ci ha raccomandati e raccomandazioni non ne abbiamo mai volute. Siamo ancora qui e incazzati il giusto per farvi il culo. Altro che chiedervi la carità o discutere con quel rottame della Fornero dei diritti dei lavoratori. Noi ce li mangeremo vivi. Ci scaldavamo con le palle di carta bagnate, pressate e messe nella stufa. Mangiavamo croste di formaggio scaldate sul ferro. Non ne ho mai più mangiate di così buone. Il bagno lo facevamo nella tinozza con l'acqua che veniva scaldata sopra la cucina economica. Il cinema era sempre in terza visione e solo una volta al mese. I nostri padri facevano i turni in fabbrica, quando noi dormivamo, loro lavoravano. Una carezza e un "Fai il bravo con la mamma" era l'unico fugace contatto al mattino. La domenica andavamo fuori città in bicicletta con qualche panino, una gazzosa e una bottiglia di vino rosso. D'estate ci scappava anche un'anguria. Che cazzo ci possono fare questi fighetti vestiti Armani, questi corrotti dentro, questi deputatini, questi mafiosetti, marci, marci, buoni solo a parlare, a cianciare, che hanno rovinato il Paese e ora ridono di noi. Noi non abbiamo nulla da perdere perché siamo stati abituati a vivere con poco e anche con nulla. Voi perderete tutto tranne la dignità, quella non l'avete mai avuta. Leggevamo il giornale solo la domenica quando lo comprava nostro padre. Non poteva permetterselo gli altri giorni. Era il Corriere della Sera di Pasolini, Montanelli, Buzzati. Uno solo di loro vale più di tutti i giornalai di adesso. Ci siamo rotti i coglioni e saremo poco educati con chi ci prende per il culo. Ce li mangeremo vivi, ben venga la crisi per fare pulizia."


Un ex operaio, 20 marzo 2012

sabato 10 agosto 2013

La tortura in Italia

Banana Republic 


Niente a che vedere con l’album dal vivo di Lucio Dalla e Francesco De Gregori uscito nel 1979, se non per il rimando all’emergenza nazionale di quel periodo, i cosiddetti anni di piombo.
Dopo il Corriere della Sera, il Corriere del Mezzogiorno, Rai tre (Chi l’ha visto), il Tribunale di Perugia, Adriano Sofri, Nicola Rao, tanto per citare i più “visibili, arriva Giuliano Amato, politico di lungo corso, uomo di stato e di cultura, professore di diritto costituzionale.
Giuliano Amato è stato consigliere economico e politico di Bettino Craxi fino al 1989, poi ministro con Massimo D’Alema nel 1998, capo del governo nel 2000 e ministro dell’interno nel 2006 con Prodi. Insomma una personalità di rilievo internazionale. Per questo motivo le parole di Amato sulle torture sono qualcosa di più della semplice testimonianza di quello che una figura di potere di così alto spessore ha potuto sapere, sentire, leggere o conoscere nei posti chiave che ha occupato. Se un uomo così parla, dopo alcuni decenni dai fatti, è perché vuole sancire qualcosa. E al di là del consueto linguaggio felpato, delle cautele espressive, ildottor Sottiledice delle cose molto chiare.
Vediamole:
“Accanto alle inchieste coraggiose e ai sacrifici vi fu infatti il ricorso a forme di pressione fisica e psicologica su alcune migliaia di arrestati e detenuti, che nel caso dei primi sembra siano talvolta arrivate, malgrado le smentite, a toccare la tortura. A parlarne sono stati gli stessi funzionari che ne furono i protagonisti. Essi hanno per esempio accennato all’uso del water boarding (allora chiamato «algerina» perché usato dai francesi in Algeria) da parte di un gruppo speciale che – probabilmente ispirandosi a uno «spaghetti western» di successo – si era ribattezzato «I cinque dell’Ave Maria». Le applicazioni controllate furono in tutto poche decine, e di esse si discusse alla Camera per tre volte dal marzo al luglio 1982, quando Rognoni negò ripetutamente la cosa, ma ve ne furono anche di selvagge, come ammise Scalfaro all’epoca ministro dell’Interno”.
Riassumendo:
a) si è ricorso a strumenti d’eccezione ed extralegali;
b) si è fatto uso della tortura, nonostante le smentite;
c) seppure in numero limitato alcuni magistrati erano al corrente dell’impiego della tortura. In un Paese dove vige l’azione penale obbligatoria sapere e non intervenire significa una cosa sola: coprire. Quindi un pezzo di magistratura, non importa la quantità ma la qualità, in altre parole le procure che gestivano le inchieste più importanti sulla lotta armata, hanno coperto e difeso l’impiego strategico della tortura (vero signor Caselli?).
Soprattutto trovano una sonora smentita le frasi del presidente della Repubblica Sandro Pertini, che fu compagno di partito di Amato, il quale aveva detto che in Italia il terrorismo era stato sconfitto nelle aule di giustizia e non negli stadi; e ancora di più le incaute dichiarazioni del generale Dalla Chiesa che rispondendo a un giornale argentino affermò: “L’Italia è un Paese democratico che poteva permettersi il lusso di perdere Moro non di introdurre la tortura”.

Adesso, dopo Moro, hanno perso anche la faccia; e non è poco!

lunedì 5 agosto 2013

Quanto sono bravi i “cattivi”?


Sicuramente più dei buoni quando diventano cattivi che, da arrabbiati, la cattiveria se la inventano, anche se non la conoscono. So di parecchie brave persone, timorate di Dio, annegate in meschinità paralizzanti come la posta ricevuta per sbaglio, aperta, letta e gettata anche se il vero destinatario è a portata di buca lettere; conosco la prassi ricorrente di appoggiarsi a conoscenze “di peso” per sapere come fa la famiglia del tale ad andare in vacanza tutti gli anni con uno stipendio solo e tre figli a carico. Ho visto pareti divisorie di terrazze, balconi e cantine blindate più di Fort Knox, per impedire ai vicini di sbirciare chissà quali tesori. Vette di stupidità più che di cattiveria, d’accordo, ma la direzione di marcia è quella giusta.
Sempre stato così diranno in molti, vero anche questo, solo che in altri tempi la compensazione con le persone a modo era cosa da niente. Oggi l’esercito dei “bravi in piazza e ostili in stanza” ha una crescita esponenziale, un po’ come l’andazzo dei bonus per top manager rispetto al carovita del cittadino semplice.
Sul tema eccovi un fatto dei primi anni cinquanta, capitato nella valle dell’Arno quando il fiume non era quel rigagnolo striminzito e stagnante che oggi si può intravedere dai tratti di autostrada che gli corrono a fianco.
In estate la seconda serata era dedicata alla passeggiata. Bicicletta, guinzaglio e via con la Dora e il nonno verso il fresco del fiume, fra il reticolo di viottoli sterrati che univa le case coloniche ai campi del lavoro agricolo; vere e proprie fortezze verdi quando in agosto il granoturco superava i due metri di altezza. C’era da perdersi se non si conosceva la zona, specie di notte, nonostante la luna, le lucciole e il fanalino della bici.
Fu in una di queste che s’intrufolò all’improvviso la Dora, come attratta da non so cosa. Ci fermammo per aspettarla; niente, nonostante i fischi di richiamo del nonno. Appoggiammo le biciclette alle piante di mais e seguimmo la direzione che aveva preso. Pochi passi ed eccola là, intenta ad annusare un giovanotto un po’ scapigliato che cercava di accarezzarla.
-“Gran bella bestia, di razza vero?”
-“Quasi”, rispose il nonno.
-“Sapevo di non sbagliare, con tutti i lupi che ho visto nei recinti di mio zio”.
-“Suo zio ha un allevamento di pastori tedeschi ?” Chiesi anticipando il nonno.
-“No, curava quelli dei nostri corpi di polizia e poi dei tedeschi durante gli ultimi anni di guerra”.
-“Bel lavoro e sicuramente ben pagato” aggiunse il nonno.
-“Non saprei, aveva ricevuto l’incarico da mio padre che era il Podestà di Arezzo, non poteva certo rifiutare e …”.
- “… e uno di famiglia così importante cosa ci fa la notte in mezzo a un campo di granturco?” chiese prendendogli il tempo, con una punta di sarcasmo, il nonno.
-“Brutta storia. Ero venuto in paese per una festa danzante, sa come succede: il ballo, le donne, le bevute, una parolina di troppo che va di traverso a qualche fidanzato in incognito e la rissa. Sono uno che prima di prenderle le dà e così è stato anche stasera. L’altro è andato a terra subito e c’è rimasto, il gestore del locale ha chiamato la polizia e, con la famiglia che mi ritrovo, sono scappato. Non mi consegno ai carabinieri senza un mio amico avvocato che però non posso certo tirare giù dal letto a quest’ora; lo farò domattina se riesco a passare la notte”.
-“ Hai fatto una bischerata, ragazzo, rischiare la galera per una che non conosci nemmeno. Non so che piega potrà prendere la faccenda ma da noi non avrai noie. Resta qui fino a quando non comincia a fare chiaro, non un minuto di più perché nei campi poi arrivano i contadini, risali l’argine del fiume fino a che incontri un capanno adibito a chiosco per bibite e panini. Poco più in là c’è una stradina che porta in paese dalla parte opposta a quella da dove sei venuto stanotte. Se sei accorto, non avrai problemi a raggiungere la casa del tuo avvocato. Ora smetti di accarezzare il cane e … buona fortuna.”.
Stavamo per scomparire nel buio quando il giovane ci chiese chi doveva ringraziare. Il nonno rispose con tre nomi e un cognome, il suo, assieme alla professione: “Operaio comunista”.
Due settimane dopo arrivò a casa una busta con tanto di stemma famigliare in rilievo su carta di lusso, come il foglio che conteneva, dove stava scritto: “Ancora grazie per il consiglio. Mi saluti tanto il nipote e la Dora. Con riconoscenza e stima”. Poi la firma, in penna stilografica.
Provate a replicare il fatto oggi e, con tutti i progressi compiuti dalla società civile in questi decenni, vediamo se riuscite a leggere uno straccio di lettera, cartolina o mail.
“Se mi sbaglio mi corrigerete” (spero), tanto per fare il verso a qualcuno che veniva da lontano.

giovedì 1 agosto 2013

In un mondo normale...


Chi paga le tasse e chi no

Mille miliardi di dollari, crediateci o meno, è l'ammontare di tasse che le grandi 
multinazionali e i magnati della Terra evadono ogni anno. È una cifra che supera il bilancio di 176 nazioni,le spese 
militari di tutti i paesi messi assieme. Si tratta di 1000 dollari per ogni famiglia del pianeta. 
Tra pochi giorni i 
governi decideranno se colpire la gigantesca evasione fiscale delle multinazionali e raccogliere denaro sufficiente per 
dare una spallata alla povertà, consentire a ogni bambino di andare a scuola e raddoppiare gli investimenti ecologici! 
Molti governi vogliono che anche le super aziende paghino le tasse; ma gli USA e il Canada non hanno ancora preso posizione.
In un mondo normale non dovrebbe nemmeno servire discuterne dato che,per dare una spinta alle finanze 
pubbliche dei nostri paesi in tempi di crisi, tutto quello di cui abbiamo bisogno è che ciascuno paghi le tasse in modo 
equo. Ma le grandi multinazionali stanno facendo pressione per proteggere i loro collaudati sistemi di evasione. 

Apple, una delle aziende più ricche, in pratica ha pagato 0 dollari di tasse sui 78 miliardi guadagnati in questi anni 
mettendo in piedi una serie di scatole cinesi in paesi a una bassa tassazione e mandando i profitti all’estero. Questo genere di evasione fiscale permette alle multinazionali di avere un enorme vantaggio su quelle nazionali di minore dimensione. Si tratta di una pratica che ha un impatto negativo sul mercato, la democrazia e la stabilità economica. 

Come detto,i governi valuteranno un piano che renderebbe più difficile per le multinazionali e i Paperoni di evadere le tasse nascondendo i profitti all'estero e nei paradisi fiscali. Il piano obbligherebbe tutti i paesi a condividere le informazioni necessarie a capire dove si nascondono i capitali e di rivelare chi si cela dietro aziende “prestanome”. 
Se le trattative andranno in porto, il G8 potrebbe trovare un accordo sul  tema già questo mese.

In tempi così difficili è inaccettabile che i più ricchi abbiano un modo per evitare di pagare la loro parte. Ancora di più considerando che i tempi duri sono stati causati da enormi finanziamenti che gli Stati hanno dato alle banche sull'orlo del fallimento di proprietà di queste stesse persone. Adesso sembra che i governi stiano per affrontare seriamente il problema, con gli Stati Uniti e il Canda a pendere dalla parte delle potenti multinazionali.

Mille miliardi all'anno di fondi pubblici farebbero davvero la differenza nella vita di milioni di esseri umani e di tanti ecosistemi a rischio, senza compromettere la sopravvivenza di nessuna multinazionale.

In un mondo normale, appunto!

Yoani Sanchez

Yoani Sanchez, Cuba e le cose che contano davvero


C’è una giornalista cubana che viene da internet, assimilato fra il 2002 e il 2004 nella svizzera tedesca e in Germania durante i suoi studi all’estero, il cui iter professionale è curiosamente simile a quello di tanti blogger divenuti giornalisti per hobby, ai quali auguro di non ricevere le accoglienze riservate alla signora durante i loro prossimi dibattiti o conferenze pubbliche.
Il 28 aprile del 2013, ospite al Festival del giornalismo di Perugia, la cubana Yaoni Sanchez subisce delle contestazioni per il suo comportamento di “blogger-giornalista” svolto in patria. Una trentina di manifestanti filo-castristi occupa il palco per un quarto d’ora con bandiere, volantini lanciati in aria e intonando “Bella Ciao” fra le proteste della squadra di sostenitori che la “dissidente” si porta dietro in ogni paese visitato. Tant’è che da quando in febbraio è partita dall’Avana per il suo “giro del mondo in 80 giorni”, sempre ospite di ricchi editori anticastristi, le rimostranze si sono ripetute con puntuale continuità ovunque sia andata.
La cosa evidentemente non è stata ignorata dai media internazionali (con i “nostrani del Ticino” in bella evidenza) che, invece, fanno finta di nulla su cose ben più importanti che riguardano l’isola caraibica.
Quali per esempio? Evitando la tiritera sulle tante conquiste della Rivoluzione in campi come l’educazione, la ricerca medica e l’assistenza senza profitti ai popoli del terzo e quarto mondo, faccio presente un caso recente passato sotto assoluto silenzio dalla stampa del mondo “libero” per il semplice motivo che non permette loro di sbizzarrirsi nel giochetto preferito: Sparare a zero su Cuba.
Una lettera scritta dal Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, in veste ufficiale, dove si complimenta con il Comandante e con il suo popolo per aver raggiunto anticipatamente gli obiettivi del precedente vertice, non dovrebbe riscuotere almeno la giusta pubblicazione dai nostri illustri giornalisti?
In essa l’alto dirigente dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura si felicita per la meta raggiunta (dimezzare il numero di persone denutrite nel mondo prima del 2015) e ricorda un passo del discorso di Fidel pronunciato durante il vertice di Roma nel novembre del 1996: “Le campane che suonano oggi per chi muore di fame, suoneranno domani per l’umanità intera, se non vorrà, non saprà o non potrà essere sufficientemente saggia per salvare se stessa … e anche se fosse raggiunta la meta prefissata, non saprei che dire all’altra metà ancora soggiogata da un simile flagello”.

Da allora sono passati 17 anni e ancora 870 milioni di persone soffrono la fame nonostante l’abbondanza di alimenti prodotti perché non hanno entrate sufficienti per comprarle. Mi pare che la distanza fra quest’attestato e il cablogramma della Sanchez ai diplomatici americani, dove lamenta l'impossibilità di fare acquisti su internet tramite PayPal e annuncia che “simili angoscianti restrizioni alle libertà personali non possono che favorire un cambiamento, cioè la caduta del dittatore Castro”, sia stratosferica per tutti coloro che non si sono ancora bevuti il cervello.