I silenzi dei genitori e quelli dei
figli
Qualcuno crede ancora nella
spinta propulsiva della famiglia? Alzi pure la mano; se lo fa lealmente non
avremo certo difficoltà di conteggio per stabilirne il numero. Prima però
stabiliamo un po’ di regole:
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Non
contano i politici, i politicanti e lo stuolo di reggicoda che bazzicano nei dintorni.
Quando non sanno più cosa dire è la famiglia il due di briscola da calare per
ingraziarsi gli ultimi rimasugli di potenziali simpatie.
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Per motivi
simili, ma non solo, non contano le falangi di preti, suore, monache e prelati
che, in questi tempi sbandati, le tentano tutte per acchiappare qualche“pesce”.
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Fuori dal
conteggio pure gli opportunisti e gli ignavi, individui che se Dante mise
nell’anticamera del suo Inferno, qualche motivo l’avrà pure avuto; figuriamoci
oggi!
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Fuori i
figli microfonati, che non salutano, che danno del tu a chi nemmeno conoscono,
aprono il frigo e mangiano quando vogliono, studiano per la nota e il foglio di
carta in camere attrezzate come call center.
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Stessa
sorte per i genitori che parlano solo di lavoro e carriera. Muti a tavola
perché “quando si mangia non si parla”, e muti anche quando i pargoli si
sdraiano sui sedili dei mezzi pubblici occupando più posti.
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Fuori infine
gli studenti che si riconoscono, stando magari zitti, nel giovanotto di quarta
liceo (indirizzo economico!) che garantisce al docente la propria disponibilità
a fare il guardiano di qualunque lager se lo stipendio fosse ottimo.
Ecco, stralciati
quelli che s’identificano nelle “doti “esposte, resta a mala pena il numero per
formare la rosa ufficiale di una squadra di calcio. Risultato incoraggiante se
non fosse per gli ostacoli che incontrerebbe a iscriversi ai vari tornei,
trovare finanziatori, equità negli arbitri e pubblico sportivo durante le
trasferte.
In ogni caso sarebbe destinata a lottare sempre per
non retrocedere, da cosa poi non si capisce bene.